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Come fare manutenzione alla caldaia

La caldaia è probabilmente uno dei dispositivi più importanti di casa, certamente un di quelli in grado di migliorare il benessere ed il comfort percepiti da tutti i componenti della famiglia.

Proprio perché si tratta di un elettrodomestico così importante, facciamo bene a prendercene cura ed effettuare piccoli interventi di manutenzione nel corso dell’anno.

Ciò non significa doversi sostituire ad un tecnico che effettua l’installazione caldaie, tutt’altro. Ricordiamo a tal proposito che è bene far fare questo tipo di intervento periodicamente per garantire il massimo del comfort ma anche della sicurezza a tutti gli abitanti di un appartamento.

Un tecnico specializzato infatti, è in grado di apportare tutte le regolazioni necessarie o sostituire eventuali pezzi usurati garantendo all’utente il massimo della sicurezza e delle prestazioni.

Detto questo, ci sono piccole cose che possiamo fare autonomamente per contribuire ulteriormente a tenere in ordine la nostra caldaia. Vediamo di cosa si tratta.

Controllare la pressione

Controllare la pressione della caldaia in maniera periodica è già un primo passo per prendersene cura. Di norma la pressione in una caldaia deve essere compresa tra gli 1,4 e 1,6 bar. Una pressione troppo alta può indicare la presenza di aria all’interno del circuito, mentre una pressione troppo bassa può indicare invece una quantità d’acqua non sufficiente.

Nel primo caso è necessario effettuare una operazione di spurgo di tutti i radiatori presenti nell’appartamento per far scendere la pressione. Nel secondo caso è invece necessario far entrare dell’acqua all’interno dell’impianto così da far risalire la pressione.

Ad ogni modo facciamo bene a consultare il manuale di istruzioni della nostra caldaia, così da sapere sempre qual è la pressione corretta per il nostro modello.

Verificare il sistema di accensione

Soprattutto in estate, quando la caldaia viene utilizzata meno, è possibile si verifichino alcune anomalie al sistema di accensione ed in genere funzionamento della nostra caldaia.

Per far ciò, è sufficiente accendere per qualche secondo i termosifoni o aprire il rubinetto dell’acqua calda e vedere se la caldaia si avvia correttamente.

Potrebbero esserci ad esempio dei malfunzionamenti in qualche componente della caldaia, e facciamo bene per questo a fare un test così da poter rimediare in tempo prima dell’arrivo dell’inverno.

Spurgare i termosifoni

Soprattutto dopo qualche mese di inutilizzo, tipicamente mesi estivi, è possibile che sia entrata dell’aria all’interno del circuito e dunque all’interno dei singoli radiatori.

Ciò fa aumentare la pressione della caldaia, ma soprattutto fai in modo che i termosifoni non si riscaldino in maniera uniforme. In alcuni casi Infatti i termosifoni si riscaldano soltanto nella parte alta e non in quella bassa o al contrario.

In altri casi invece i termosifoni rimangono direttamente freddi nonostante l’accensione della caldaia. Per risolvere questo tipo di problema è sufficiente effettuare l’operazione di spurgo dei termosifoni.

Per far ciò è sufficiente agire con un cacciavite sulla apposita valvola presente su ogni radiatore che, una volta aperta, consentirà all’aria eventualmente presente di fuoriuscire. Dato che l’aria è più leggera dell’acqua, uscirà per prima; nel momento in cui comincerà ad uscire dal singolo radiatore anche dell’acqua avremo la certezza che in quel termosifone non sia presente altra aria.

A questo punto l’azione di spurgo sarà completata e potremmo effettuare la stessa cosa anche sugli altri termosifoni.

Conclusione

È sufficiente effettuare questi piccoli controlli, o interventi di manutenzione generica, per assicurarsi che la propria caldaia stia funzionando bene e che non ci siano urgenze di alcun tipo.

Questo, associato alla manutenzione periodica effettuata da un tecnico qualificato, garantirà sempre un utilizzo sicuro ed efficiente della tua caldaia.

Export lombardo, nel 2021 raggiunta la cifra record di 135,9 miliardi

Nel 2022 la Lombardia è riuscita a esportare beni per un valore di 135,9 miliardi di euro, superando il precedente massimo storico del 2019, quando l’export regionale toccò i 127,5 miliardi di euro.
In particolare, nel quarto trimestre, l’attività delle imprese manifatturiere lombarde si è mantenuta su buoni livelli, nonostante i problemi riscontrati sul lato delle forniture e dei prezzi di materie prime ed energia. Una domanda estera ancora vivace, quindi, che nonostante i primi segnali di rallentamento ha consentito all’export lombardo di crescere del +10,2% rispetto al trimestre precedente.
Secondo il rapporto sul commercio estero della Lombardia nel quarto trimestre e il consuntivo 2021 di Unioncamere Lombardia, occorre però considerare come i consistenti incrementi in valore siano legati alla dinamica dei prezzi, caratterizzata da sensibili aumenti nel corso di tutto il 2021.

Analisi dei settori

L’analisi dell’andamento delle quantità scambiate conferma l’effetto prezzi sull’incremento dei dati in valore. L’export per le quantità, con una crescita congiunturale del 3%, non tocca infatti i massimi e rimane dell’1,7% sotto i livelli 2019.
Il comparto legato ai metalli e alle loro produzioni si conferma forte motore della ripresa (+34,3% rispetto al 2020) con effetti positivi sulla performance della maggior parte delle provincie.
Rispetto al 2019 risultano in forte crescita anche prodotti alimentari (+13,8%), sostanze e prodotti chimici (+12,7%) e computer e apparecchi elettronici (+12,2%). Positivi anche gomma e materie plastiche (+9,1%), e mezzi di trasporto (+2,0%).
In linea con il risultato pre-crisi, articoli farmaceutici (+0,7%) e tessili, pelli-calzature e accessori (+0,4%). Non riescono, invece, a recuperare sul 2019 macchinari e apparecchi (-1,4%).

Mercati di destinazione

L’incremento rispetto al livello pre-crisi del valore esportato verso tutte le destinazioni è del +7,5%. I flussi verso molti dei principali paesi di destinazione delle merci lombarde registrano incrementi a due cifre rispetto al 2019 per Turchia, +23,5%, Cina, +23,4%, Brasile, +20,1%, Regno Unito, +18,2%, Israele, +14,4%, Germania, +10,1%.  A questi si contrappongono le perdite verso l’Algeria (-30,2%) e Hong Kong (-13,2%). Negativo anche il risultato verso la Russia (-3,8%) nonostante un 2021 in recupero rispetto al 2020 (+14,0%).
La Russia si pone al quattordicesimo posto tra le destinazioni, con una quota dell’1,6%. Nel 2021 la Lombardia ha esportato beni per poco meno di 2,2 miliardi di euro verso la Russia e ne ha importati 1,6 miliardi, con un saldo positivo di 572,4 milioni.

Andamento provinciale

Quasi tutte le provincie superano i livelli 2019, grazie principalmente all’export di metalli base e prodotti in metallo (Brescia, Cremona, Lecco, Mantova, Sondrio), sostanze e prodotti chimici (Bergamo), articoli farmaceutici (Monza e Brianza e Varese), computer e apparecchi elettronici (Lodi), prodotti tessili e abbigliamento (Milano). Solo due provincie lombarde, pur crescendo rispetto all’anno scorso, scontano ancora un gap rispetto al 2019: Pavia (-8,4%) per la quale pesa il -80% dell’export di prodotti tessili, abbigliamento, pelli-calzature e accessori rispetto al 2019, e Como (-0,5%), con una riduzione del 19% nella stessa categoria di prodotti.

Nel secondo semestre 2021 aumentano miner, spyware e script malevoli

Nonostante il numero complessivo di attacchi sia leggermente diminuito rispetto al primo semestre 2021, nella seconda parte dell’anno il panorama delle minacce rivolte ai sistemi di controllo industriale (ICS) è apparso molto diversificato. I miner usati per prendere di mira i computer ICS sono aumentati dello 0,5%, gli spyware dello 0,7%, e gli script dannosi sono cresciuti di 1,4 volte in più rispetto al tasso di crescita registrato nel 2020. Nel corso della seconda metà del 2021, circa il 40% di tutti gli ICS è stato vittima, almeno una volta, di attacchi da parte di software malevoli.  Secondo il Kaspersky ICS CERT, la percentuale dei computer ICS sui quali sono stati bloccati elementi dannosi rispetto al 2020 è passata dal 38,6% al 39,6%. Tuttavia, nel secondo semestre del 2021 questo dato è sceso dell’1,4% per la prima volta in un anno e mezzo.

Gli script dannosi crescono costantemente

Complessivamente, nella seconda metà del 2021, le soluzioni di sicurezza Kaspersky hanno bloccato più di 20.000 varianti di malware. Sebbene questo dato non sia cambiato di molto rispetto ai sei mesi precedenti, anno dopo anno gli script dannosi crescono costantemente. Nel secondo semestre 2021, la percentuale dei computer ICS attaccati da script è cresciuta di 1,4 volte rispetto all’inizio del 2020, registrando un +0,5% rispetto alla prima metà del 2021. I cybercriminali si servono degli script dannosi per raggiungere vari obiettivi, dalla raccolta dati al caricamento di altri malware, come spyware o miner di criptovalute.

Una minaccia significativa per la tecnologia operativa

I threat actor, oltre a utilizzare sempre più script dannosi, hanno incrementato anche l’uso di spyware e miner di criptovalute. Il primo viene utilizzato soprattutto per rubare credenziali o denaro alle vittime, e la percentuale di computer ICS attaccati con spyware è in aumento dell’1,4% dal primo semestre 2020. Lo spyware continua infatti a crescere ed è in aumento per il terzo semestre di fila, mentre la percentuale di computer ICS attaccati da miner è più che raddoppiata dal primo semestre del 2020.
“I sistemi di controllo industriale possiedono una serie di dati sensibili e sono i responsabili del funzionamento dei settori più importanti – commenta Kirill Kruglov, security expert di Kaspersky -. Un attacco a basso rischio rivolto a una struttura IT può trasformarsi in una minaccia significativa per la tecnologia operativa (OT)”.

I crypto miner vengono sottovalutati

Se da un lato la tipologia di minacce rivolte ai computer ICS sono rimaste invariate, dall’altro lato si è assistito a un aumento costante della percentuale di computer ICS che affrontano script malevoli e pagine di phishing, insieme a Trojan, spyware e miner che verrebbero consegnati da script malevoli.
“I crypto miner vengono spesso sottovalutati, il che non è un bene – aggiunge Kruglov -: se la loro influenza sulle reti dell’ufficio può essere trascurata, a lungo andare potrebbero portare all’interruzione di un servizio per alcuni componenti del sistema di controllo automatizzato”.

Da Meta un traduttore vocale universale basato sull’AI

Un nuovo ambizioso progetto di ricerca sull’Intelligenza artificiale, questa volta, per creare un software di traduzione che funzioni per ‘tutti nel mondo’. In pratica, un traduttore vocale universale basato sull’AI.
È quanto ha annunciato Meta, l’azienda sotto il cui cappello ci sono Facebook, Instagram, Oculus e WhatsApp.
“La capacità di comunicare con chiunque in qualsiasi lingua: è una superpotenza che le persone hanno sempre sognato e lAI ce la consegnerà nel corso della nostra vita”, ha affermato Mark Zuckerberg, ceo di Meta, durante l’evento in streaming dal titolo Meta Inside the Lab: Costruire il metaverso con l’AI.

Circa il 20% della popolazione mondiale non parla le 3 lingue più “tradotte” 

L’azienda ha affermato inoltre che sebbene le lingue più comunemente parlate, come inglese, mandarino e spagnolo, siano ben gestite dagli attuali strumenti di traduzione, circa il 20% della popolazione mondiale non parla lingue coperte da questi sistemi. Per questo motivo vuole superare queste difficoltà implementando nuove tecniche di apprendimento automatico in due aree specifiche. Il primo progetto si chiama No Language Left Behind, e si concentrerà sulla creazione di modelli di Intelligenza artificiale in grado di imparare a tradurre la lingua utilizzando meno esempi. Il secondo, Universal Speech Translator, mirerà a costruire sistemi che traducano direttamente il parlato in tempo reale da una lingua all’altra, senza la necessità di un componente scritto che funga da intermediario.

“Conversazioni più naturali con gli assistenti vocali”

“L’eliminazione delle barriere linguistiche sarebbe profonda, consentendo a miliardi di persone di accedere alle informazioni online nella loro lingua madre o preferita”, hanno spiegato i ricercatori nel corso dell’evento, non fissando però una data per il completamento dei progetti, riporta Ansa. Più in generale, Meta sta lavorando sulla ricerca avanzata in ambito AI per consentire alle persone di avere “conversazioni più naturali con gli assistenti vocali” e tra di loro, ha spiegato Mark Zuckerberg durante l’evento. Zuckerberg ha infatti anche presentato il progetto CAIRaoke, ovvero “un modello neurale completamente end-to-end per la costruzione di assistenti sui device”.

Traduzioni da linguaggio a linguaggio in tempo reale 

Facebook inoltre sta lavorando a un “traduttore universale istantaneo, parola per parola” per consentire “traduzioni da linguaggio a linguaggio in tempo reale”, riporta Agi. .
“Man mano che avanziamo in questa tecnologia, sarete in grado di creare mondi da esplorare e condividere esperienze con gli altri, solo con la vostra voce”, ha aggiunto Zuckerberg.
Non è tutto: Meta sta lavorando a un’Intelligenza artificiale in grado di interpretare e prevedere i tipi di interazioni che si potranno verificare nel metaverso, puntando sull’apprendimento automatico.
L’Ai riceverebbe quindi dati grezzi invece che essere addestrata su molti dati pre calssificati. Per farlo, Zuckerberg ha riunito “un consorzio globale di 13 università e laboratori per lavorare sul più grande set di dati egocentrici”. Il progetto è chiamato Ego4D.

Il settore assicurativo cerca 7mila profili tech e digital

Qual è il livello di competenze digitali dei professionisti della filiera assicurativa? E come si pone il settore in rapporto all’evoluzione del mercato? A queste domande risponde il Report competenze 2022 realizzato da Iia-Italian insurtech association, dal quale emerge che il mercato assicurativo è alla ricerca di profili professionali con competenze tech e digital. Secondo le previsioni di Iia-Italian insurtech association entro il 2024 saranno inseriti all’interno della filiera 7mila nuovi profili con competenze tecnologiche avanzate, tra ingegneri robotici, esperti di analisi dei dati e di cybersecurity, e cloud architect. Ma per superare il gap si punterà anche sulla formazione di top manager, intermediari e dipendenti.

Allineare il mercato al ruolo sempre più strategico dell’insurtech

L’indagine, condotta su oltre 150 soggetti del settore assicurativo relativi a 85 aziende, evidenzia come il 50% dei profili ricercati oggi non è mai stato impiegato in azienda, ma nei prossimi 3 anni avrà un ruolo strategico nella transizione digitale del settore. Allo stesso tempo, per allineare il mercato assicurativo ai nuovi trend e al ruolo sempre più strategico dell’insurtech, il settore dovrà investire in formazione. Nei prossimi 3 anni infatti saranno formati circa 50 mila profili professionali. Il rapporto evidenzia però un forte gap di competenze tecnologiche, soprattutto tra gli intermediari, che rivestono un ruolo centrale all’interno della catena del settore, ma anche tra i dipendenti delle compagnie assicurative.

Per intermediari e dipendenti serve più formazione digitale 

Tra gli intermediari, riferisce Adnkronos, l’85% ritiene che la propria organizzazione non abbia competenze tech e digital adeguate al mercato (percentuale che scende al 65% presso i dipendenti) e la metà, il 54% degli intermediari e il 45% dei dipendenti, è molto preoccupato del divario in relazione ai cambiamenti in atto nel settore. Per questo motivo, per rimanere al passo con l’evoluzione del mercato, circa 7 intermediari e dipendenti su 10 nei prossimi 12 mesi auspicano di ricevere una formazione digitale. Il 57% degli intermediari è infatti convinto che sotto la spinta dell’insurtech il settore cambierà molto nei prossimi 2-3 anni e il 52% teme di non essere preparato per stare al passo con i nuovi trend.

Il top management segue l’evoluzione del mercato

Uno scenario differente viene fornito dalle risposte ottenute dal top management, secondo il quale le competenze tech e digital della propria organizzazione sono in linea con l’evoluzione del mercato (45%), ma concordano (73%) sul fatto che la creazione di queste competenze sia una priorità elevata.
Insomma, la ricerca mostra una forte consapevolezza da parte del settore assicurativo sull’importanza di aumentare le competenze tecnologiche e digitali. Anche perché in Italia nei prossimi dieci anni le polizze digitali aumenteranno in maniera esponenziale, soprattutto in settori oggi poco sensibili all’utilizzo di prodotti assicurativi.

Bambini e adolescenti sempre più vittime di cyberbullismo

Uno studio europeo evidenzia come in Italia il 20% dei ragazzi abbia avuto la percezione di essere stato infastidito o turbato online in maniera maggiore da quando è iniziata la pandemia rispetto al periodo precedente. E il 50% dei bambini e adolescenti italiani ha affermato di essere stato vittima di bullismo in maniera più frequente.
Insomma, durante la pandemia i bambini e gli adolescenti europei sono stati sempre più coinvolti in esperienze spiacevoli online. Per questo, in occasione dell’Internet Safwer Day, ToothPic, startup torinese della cybersecurity, ha condiviso 6 consigli per accompagnare i più giovani verso una maggiore sicurezza online.

Aiutare i minori a fare un uso sicuro e responsabile del web

Al primo posto dei consigli di ToothPic c’è l’importanza di un’educazione ‘cyber’, che informi i minori dotandoli delle competenze necessarie per un uso sicuro e responsabile del web. Questo è un presupposto fondamentale per poterli tutelare. Un altro alert lanciato dalla startup italiana è quello di fare attenzione alle e-mail, uno dei mezzi preferiti da chi vuole impossessarsi di informazioni e dati riservati, riporta Adnkronos. Ma un altro suggerimento di ToothPic riguarda le applicazioni di Parental Control.
“Una misura efficace che garantisce un maggiore controllo e protezione da eventuali contatti con i malintenzionati è installare applicazioni di parental control sui dispositivi dei propri figli”, spiega il ceo & co-founder di ToothPic, Giulio Coluccia.

I consigli per rendere le reti domestiche più sicure

Inoltre, aggiunge Coluccia, “è doveroso spiegare ai ragazzi che è necessario creare password con combinazioni alfanumeriche complesse, non banali e difficili da indovinare”.
Utilizzare schemi di autenticazione multi-fattore risulta poi fondamentale per aumentare il livello di sicurezza dei propri account Internet. Gli esperti di ToothPic puntano anche sulla necessità di rendere le reti domestiche più sicure. Come? Dall’aggiornamento del firmware del router all’installazione di firewall fino all’utilizzo di una rete virtuale privata che si interpone tra i propri dispositivi e Internet, e che permetta di mascherare il proprio indirizzo IP e nascondere le proprie attività online.

“La sicurezza online per i più giovani è un tema sempre più attuale”

“Quello della sicurezza online per i più giovani è un tema sempre più attuale: i bambini, infatti, cominciano a collegarsi a Internet a un’età sempre più giovane, e a passare sempre più tempo navigando sul web, totalmente inconsapevoli dei rischi in cui incorrono – sottolinea il ceo -. È dovere di genitori e insegnanti fornire ai ragazzi gli strumenti necessari per utilizzare la rete in maniera più sicura e consapevole”.

Cosa serve per avviare un salone da barbiere?

In questo articolo  ti spieghiamo tutto ciò che dovresti tenere in considerazione sul come avviare un salone da barbiere, se hai deciso di fare questo grande passo, in modo che la tua attività abbia veramente successo. Prendi nota!

Come avviare un salone da barbiere?

Le nuove abitudini di cura della propria persona tra gli uomini di tutte le età, ovvero l’avere un’immagine impeccabile e curata, hanno favorito la rinascita dei barbieri, i quali ora sono diventati un business altamente redditizio se gestiti in modo efficiente.

I barbieri sono infatti attività commerciali che offrono servizi come la cura della barba ed il taglio di capelli professionale. Possono inoltre essere offerti servizi come la cura delle mani e dei piedi, tra gli extra che consentono a tutti di rilassarsi mentre ricevono un servizio di qualità.

Cosa serve per aprire un barbiere?

Per allestire un salone da barbiere, oltre al budget, servono anche altri cose fondamentali come avere un locale, mobili, attrezzi e prodotti specifici. Di seguito analizzeremo ognuno di questi aspetti in modo che tu possa capire al meglio.

Quanti soldi ci vogliono per aprire un barbiere ?

Una delle prime e più importanti domande che di solito ci si pone è quanti soldi servano per aprire un barbiere. Anche se non possiamo darti un importo specifico, ti diremo quali sono le spese che devi considerare per  mettere in preventivo l’investimento iniziale.

L’idea è che in questa maniera tu possa avere tra le mani un budget chiaro che descriva ogni spesa che dovrai affrontare.

  • Costo della licenza
  • Affitto dei locali e delle utenze
  • Stipendi dei dipendenti
  • Acquisto di forniture per parrucchieri o barbieri (prodotti come shampoo, rasoi, lame, asciugatrici, ferri da stiro, spazzole)
  • Pubblicità

Tutto ciò si traduce in una spesa iniziale che oscilla tra le 7000€ e le 10000€, anche in base ai prodotti che andrai a scegliere.

Procedure legali per aprire la tua attività di barbiere

Per aprire un barbiere, avrai bisogno delle licenze e dei permessi del comune in cui ha sede l’attività. I requisiti variano a seconda del comune in cui ti trovi, ma senza dubbio devi rispettare gli standard e le specifiche previste dallo stato nonché dalle istituzioni locali.

Inoltre, è necessario disporre di servizi igienici. Un salone barbiere adeguatamente attrezzato non include solo le attrezzature da lavoro, come le sedie per il taglio dei capelli, ma deve anche disporre delle attrezzature e dei servizi igienici per le esigenze dei suoi clienti.

Trova la posizione migliore

L’ubicazione dei locali è un aspetto molto importante per il successo della tua attività. Per questo devi assicurarti di essere vicino al luogo in cui si trovano i tuoi potenziali clienti, o individuare una zona che al momento è poco servita da questo punto di vista.

Concentrati su un luogo situato in un’area con un buon afflusso di persone, ad esempio un centro commerciale o un viale trafficato della tua città.

Quali caratteristiche devono avere i locali?

Ci sono alcune caratteristiche che il tuo locale deve necessariamente avere per offrire realmente un servizio di qualità, come segue:

  • Una superficie di almeno 80m2
  • Essere su un viale principale (con buon flusso veicolare e pedonale)
  • In alternativa essere in un centro commerciale o vicino ad un’area aziendale
  • Avere una piccola reception
  • Avere una spaziosa area di lavoro
  • Avere uno spazio per lavare i capelli
  • Avere un buon impianto idraulico
  • Avere un bagno ed uno spogliatoio
  • Un luogo in cui riporre forniture e articoli per la pulizia
  • Mobili da barbiere

All’inizio puoi partire con l’essenziale, tuttavia con il passare dei mesi è importante aggiungere gli altri elementi che renderanno la tua attività ancora più attraente.

Credito alle imprese: nel 2021 richieste a -14,5%, ma aumentano i volumi 

Nel 2021 la graduale ripresa dell’economia nazionale ha contribuito a modificare l’atteggiamento delle imprese italiane rispetto al 2020, quando la contrazione di fatturati e flussi di cassa avevano stimolato le aziende a rivolgersi agli Istituti di credito per richiedere finanziamenti. Di fatto, nel 2021 il numero delle richieste di credito è diminuito del -14,5%, ma il saldo complessivo resta comunque positivo rispetto ai livelli pre-pandemia (+5,9% rispetto al 2019). Al contempo, aumenta l’importo medio dei finanziamenti, a dimostrazione di come le imprese abbiano sentito meno l’esigenza di frazionare le richieste privilegiando il rapporto con gli istituti di riferimento.
È quanto emerge dall’ultima edizione del Barometro CRIF sul credito alle imprese, basato sul patrimonio informativo di EURISC – il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.

Maggiore contrazione di richieste per le imprese individuali

“Dopo un 2020 in cui le imprese avevano fortemente accentuato la richiesta di finanziamenti rivolgendosi a più Istituti di credito per raccogliere le risorse necessarie a sostenere l’attività corrente compensando il crollo dei flussi di cassa, negli ultimi trimestri la situazione è andata via via normalizzandosi”, commenta Maurizio Liuti, Direttore Corporate Communication di CRIF.  Più in particolare, la dinamica in atto ha visto una significativa attenuazione nell’ultimo trimestre 2021, con una flessione assestata al -8,5% dopo i picchi di inizio anno. E le imprese individuali hanno fatto segnare una contrazione delle richieste del -25,3% contro il -7,5% delle società di capitali.

Crescita record per gli importi medi richiesti

Un dato significativo è rappresentato poi dall’ulteriore aumento dell’importo medio richiesto, che nel 2021 si attesta a 105.109 euro (+29,4% rispetto a 81.256 euro del 2020) nell’aggregato di società di capitali e ditte individuali.
In linea con l’anno precedente, anche per il 2021 la maggioranza delle richieste ha riguardato importi inferiori a 5.000 euro, in virtù del peso preponderante delle richieste presentate dalle imprese di piccola e piccolissima dimensione, nonostante una robusta crescita (+9%) degli importi superiori a 50.000 euro.
Per le società di capitali l’importo mediamente richiesto è pari a 139.846 euro (+24,0% rispetto al 2020) contro i 38.464 euro richiesti delle imprese individuali (+27,3%).

Il PNRR consentirà di rilanciare i programmi di investimenti

Per quanto riguarda le imprese individuali, il peso delle richieste di finanziamento con importo inferiore a 10.000 euro rappresenta il 44,1% del totale, a conferma di come le micro imprese tendano a rivolgersi agli Istituti di credito soprattutto per importi di piccolo taglio, spesso per far fronte ad esigenze di liquidità.
Per le società di capitali, invece, più della metà delle richieste (il 54,8% del totale) vede un importo superiore ai 20.000 euro.
“Sul fronte dell’offerta, nell’ultimo anno gli Istituti di credito hanno beneficiato di una rischiosità fortemente attutita dalle misure straordinarie varate dal Governo – aggiunge Liuti -. Per l’anno corrente l’implementazione del PNRR contribuirà a determinare il consolidamento di uno scenario congiunturale favorevole, che consentirà alle imprese di rilanciare anche i propri programmi di investimenti”.

Pmi pronte ad assumere, nonostante le difficoltà nella ricerca

Secondo l’Indagine di InfoJobs sui trend mercato del lavoro 2022, lo scenario si presenta con segnali di apertura e propensione all’incremento delle risorse in azienda.
“Quello che emerge è uno spaccato del mondo del lavoro dal punto di vista delle Pmi, che nel 2021 hanno assunto e continueranno a farlo quest’anno, anche in un contesto dove trovare lavoratori è spesso complesso, così come trattenerli – spiega Filippo Saini, head of job di InfoJobs -. Anche le piccole e medie imprese italiane iniziano a interrogarsi sul fenomeno ‘great resignation’, soprattutto in ottica di ricambio generazionale. Ed è per questo che tra i trend che caratterizzeranno il mercato del lavoro nel 2022 al primo posto troviamo attraction&retention, leva fondamentale per mantenere l’azienda sana e competitiva in questo contesto ancora di profonda incertezza”.

Nuove assunzioni per il 50% delle imprese

Nel 2022 il 50% delle imprese è quindi disposto ad assumere, sebbene in numero limitato, e il 31,1% è aperta a un numero elevato di assunzioni. C’è poi chi pensa di sostituire eventuali dimissionari (11,7%), e solo il 6,1% non prevede nuove assunzioni. Per il 45,7% delle imprese nelle nuove assunzioni rimarranno gli stessi criteri e contratti del passato, ma c’è un 40,1% che nella scelta del tipo di risorse vede come prioritaria la qualità dei profili più che la quantità, e un 14,2%, che preferisce puntare all’assunzione di figure con contratti flessibili.
Rispetto al problema della difficoltà di reperimento, l’88,7% dichiara di essere d’accordo. E se il 54,4% dichiara di non trovare persone in linea con esperienze e competenze richieste, il 24,2% imputa le difficolta al cambiamento di atteggiamento verso il lavoro generato dalla pandemia, e per il 10,1% la causa è una maggiore offerta per il candidato.

Aumentano i profili “papabili”

All’opposto, c’è chi dichiara che con la ripresa del mercato sia tornata in auge anche la volontà delle persone di mettersi in gioco (9,4%), così come la perdita di posti di lavoro portata dalla pandemia (2%) abbia aumentato di fatto i profili ‘papabili’.
L’attenzione ai propri desiderata e la predisposizione al benessere personale hanno portato nel panorama di ricerca e selezione del personale fenomeni più o meno transitori, anche per quanto riguarda l’argomento dimissioni. Attualmente ha preso spazio il fenomeno delle dimissioni di massa, ormai noto come great resignation, tipico soprattutto all’interno delle grandi aziende, ma rilevato anche dalle Pmi.

Perché i giovani si dimettono?

Analizzando i dati emersi dall’indagine, anche se per il 36,9% degli intervistati sembra essere rimasto invariato il numero di dimissioni rispetto agli anni precedenti, sono proprio i giovani che secondo il 31,2% hanno contribuito a registrare un incremento nel numero di dimissioni rispetto al passato, poiché motivati dalla ricerca di una posizione migliore e dalla rincorsa al perfetto work-life balance. Inoltre, i profondi mutamenti dei due anni appena trascorsi per il 24,1% hanno dato maggiore coraggio di cambiare lavoro per rincorrere il sogno professionale, o per cercare un’azienda più affine ai propri valori. 

Pandemia, il digitale ha salvato il 71% delle piccole e medie imprese globali

La pandemia ha messo a durissima prova la resistenza delle piccole e medie imprese a livello globale. E solo un rapido passaggio al digitale ha permesso al 71% di queste di sopravvivere. Dallo smart working alla possibilità di comunicare con i propri clienti, il digitale ha consentito di poter continuare a operare e rimanere sul mercato. Per quanto riguarda l’Italia, il 42% delle PMI ha ampliato le modalità con cui i propri clienti possono interfacciarsi con loro e il 39% ha introdotto maggiore flessibilità per soddisfare i propri clienti.Sono solo alcuni dei dati contenuti nella quinta edizione del report SMB Trends di Salesforce, realizzata dalla società di ricerca The Harris Poll e che raccoglie le risposte di oltre 2.500 imprenditori e leader di piccole e medie imprese (PMI) in tutto il mondo tra Nord e Sud America, Europa e Sud Est Asiatico.

Il ruolo di business community e del Governo
Come riferisce Adnkronos, i risultati evidenziano diversi modi in cui le piccole e medie imprese hanno successo in un mondo digitale. In Italia il 51% dei leader delle PMI intervistati afferma che il supporto della business community è stato importante per il superamento della crisi dovuta alla pandemia, e il 67% afferma che il ruolo del Governo è stato altrettanto determinante.
“Con l’arrivo della pandemia, le PMI hanno capito che avrebbero potuto garantirsi un futuro solo facendo forti investimenti in ambito digitale. In moltissimi paesi, Italia compresa, abbiamo visto un vero e proprio cambio di passo. Le aziende sono diventate più digitali e quindi più agili”, commenta Giovanni Crispino, Senior Area Vice President France, Southern Europe Middle East & Africa. “Quando l’emergenza sanitaria sarà finalmente terminata, i benefici risulteranno ancor più evidenti, la situazione sarà completamente nuova e i cambiamenti introdotti rappresenteranno il vero motore della crescita. Insomma un nuovo assetto che renderà le aziende più competitive soprattutto su scala internazionale”.

Benefici anche a lungo termine
Nonostante l’impatto economico della pandemia, la maggior parte dei leader delle PMI ritengono che i cambiamenti operativi che hanno introdotto nell’ultimo anno andranno a beneficio della loro attività a lungo termine. In particolare, le PMI si stanno anche impegnando attivamente per dare priorità alle esigenze dei clienti. In Italia, il 42% delle PMI ha ampliato i modi in cui i clienti possono entrare in contatto con loro e il 39% offre ai propri clienti maggiore flessibilità per soddisfare le loro necessità. Il 51% dei manager delle PMI in Italia afferma inoltre che il sostegno finanziario della propria comunità è stato fondamentale per la sopravvivenza del loro business.