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Benefici fiscali e livelli di retribuzione: le leve per il rientro degli expat

Maggiori vincoli burocratici, difficoltà a trovare alloggio, bassi livelli di retribuzione, scarse opportunità di carriera, qualità di vita che non soddisfa le aspettative, sono tra le preoccupazioni più sentite dagli expat italiani.
Il fenomeno della ‘fuga di cervelli’ e del trasferimento degli italiani all’estero non è nuovo, e continua ad accendere il dibattito sulla perdita di talenti di alto valore, che rischia di ridurre la competitività dell’Italia all’estero.

“La pandemia ha segnato uno spartiacque importante che ha spinto molti alla ricerca di opportunità all’estero – evidenziano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing partner di Littler Italia -. La vastità del fenomeno trova conferma anche nei risultati dell’ultima edizione della nostra indagine annuale, European Employer Survey 2023, che ha rivelato che quasi la metà delle aziende intervistate concede ai dipendenti di lavorare dall’estero”. 

Agevolazioni fiscali per chi torna in Italia

Accanto alle possibilità di carriera, agli stipendi, ai vincoli burocratici, c’è poi un aspetto che è stato dirimente nella scelta effettuata dai tanti che, al contrario, negli ultimi anni sono tornati a lavorare in Italia: la variabile fiscale.

“Le agevolazioni fiscali, concepite inizialmente come misure volte a favorire il ‘rientro dei cervelli’, sono state successivamente applicate a una platea molto ampia di lavoratori – sottolinea Linda Favi, Senior Associate Studio Legale Ughi e Nunziante -. Le misure hanno avuto un grande successo, ma si sono prestate anche a varie forme di abuso, quale il trasferimento all’estero per brevi periodi per poter beneficiare per 10 anni di una drastica riduzione delle imposte”.

Più vincoli alla normativa di vantaggio

Per questo, dal primo gennaio 2024 il governo ha previsto di ridurre la portata dei benefici, abbassando la percentuale di esenzione del reddito e la durata del beneficio.

“Per l’anno fiscale 2024 si prevede un ‘irrigidimento’ della normativa di vantaggio, poiché è stata ridotta la riduzione della base imponibile dal 70% al 50% con un tetto massimo di 600mila euro, senza specificare se annuo o per i 5 anni. Inoltre, i soggetti che richiedono l’applicazione non devono essere stati residenti in Italia nei precedenti tre anni e devono impegnarsi a risiedere fiscalmente nel nostro paese per almeno 5 anni -. aggiunge Paolo Borghi, Partner di Moore Professionisti e Associati -. Inoltre, l’attività deve essere prestata per la maggior parte del tempo nel territorio italiano”.

L’Italia rischia di non riuscire più ad attrarre talenti dall’estero 

Sono richiesti però anche requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia, come riferisce Adnkronos. 

“Tuttavia, queste norme potrebbero non avere l’effetto sperato, ovvero, attrarre talenti o persone ad alto reddito, se non sono accompagnate da un sistema ‘paese’ che favorisca l’accoglimento di queste persone, che generalmente hanno alte aspettative lavorative e di ‘qualità della vita’ – continua Borghi -. La variabile fiscale è solo una delle leve per attrarre i talenti o le persone ad altro reddito, ma non l’unica e deve essere accompagnato da una serie di altre attività, per offrire concrete opportunità di crescita professionale ed elevare la qualità di vita per avere un concreto effetto positivo per l’Italia”.