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Job creep, quando il lavoro richiede sempre di più

Sempre di più, oggi, i lavoratori si sentono sotto pressione in fatto di orari: devono costantemente superare i tempi previsti per l’occupazione professionale se vogliono non solo avanzare di carriera, ma addirittura mantenere le loro posizioni. Che si tratti di rimanere sino a tardi, di lavorare durante il fine settimana per concludere un progetto o di presentarsi anche se malati, molti dipendenti impiegano regolarmente più ore e svolgono più attività di quelle stabilite per la loro mansione. E anche se per alcuni questo sforzo addizionale può aiutare in un avanzamento di carriera, per molti altri è una normale aspettativa da parte dei datori di lavoro. 

Nessun confine

Questa realtà – definita ‘job creep’ (o work creep, cioè lavorare sempre di più in modo soprattutto volontario sperando in una promozione) – è ritornata prepotentemente alla luce durante la pandemia – a causa della non distanza fra posto di lavoro e casa – , anche se la cultura dell’impresa che richiede ai dipendenti di fare oltre il possibile si è sviluppata nel corso di diversi decenni. Come riporta un servizio della BBC, se da un lato diversi lavoratori hanno deciso di dire addio a questo sistema a favore in un miglior equilibrio fra vita privata e vita professionale, altri invece sono disposti a tutto pur di centrare i loro obiettivi. “C’è stata una crescente intensificazione del lavoro”, spiega Katie Bailey, professoressa di lavoro e occupazione al King’s College di Londra. Ora ci si aspetta che i lavoratori siano “impegnati, entusiasti e motivati. Dovrebbero dedicare ore e sforzi extra per essere notati o promossi”. E queste aspettative sono ora così interiorizzate dai lavoratori che molti temono che, se non vanno al di là del contratto, nella migliore delle ipotesi non verranno mai promossi; nel peggiore dei casi saranno etichettati come fannulloni. Un ulteriore fattore è una crescente enfasi sul coinvolgimento dei dipendenti, afferma ancora Bailey. Un mood che vuole migliorare la produttività creando una cultura del posto di lavoro affinchè il personale sia entusiasta di andare in ufficio. A prima vista, può sembrare un aspetto positivo. “Ci sono molte ricerche che mostrano che i dipendenti coinvolti sono più felici, più soddisfatti, più impegnati e godono di livelli di benessere più elevati”, afferma. Ma c’è anche un forte legame tra livelli più elevati di coinvolgimento, ore di lavoro extra e per finire di ansia. Perchè questa tensione a fare di più e per più tempo si insinua in noi facendo leva sul valore psicologico insito negli accordi di lavoro come aspettative, disponibilità e riconoscimenti, causando un forte stress.

Non sempre corrisponde un’adeguata ricompensa

“Superare sempre la richiesta di compiti e doveri consuma risorse mentali e causa elevati livelli di stress. A tali sforzi inoltre, assunti oltre il proprio ruolo, non corrisponde una adeguata ricompensa, – spiega alla BBC Anthony Klotz, professore alla School of Management alla University College di Londra -. Queste sono in fondo tra le ragioni dell’abbandono di lavori poco graditi da parte dei giovani, ma dalle ceneri del vecchio concetto di lavoro il job creep contagia i lavoratori che si assumono compiti extra per fare tutto il possibile anche lavorando da casa”.