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Idee per una festa di compleanno di un adolescente

Se stai cercando idee per organizzare una festa di compleanno per un adolescente, qui abbiamo elencato diverse informazioni che possono esserti utili.

Sappiamo infatti quanto possa essere difficile trovare qualcosa che piaccia ai giovani di oggi ma non preoccuparti, abbiamo delle soluzioni per te.

 

Feste a tema

Una delle alternative più apprezzate per una festa di compleanno per adolescenti è quella di organizzare una festa a tema.

Ci sono infinite possibilità di temi tra cui scegliere, come una festa in maschera o la classica festa in cui ci si veste da personaggio preferito.

Potresti anche optare per un tema legato a film o serie televisive, come una festa tema Harry Potter o una in stile Stranger Things.

Chiaramente ci sono tantissime possibilità di scelta e molto dipende dalle preferenze del festeggiato e dalle sue attitudini, così come bisogna considerare quelle degli invitati.

 

Festa a tema con attività

Organizzare una festa a tema con attività coinvolgenti può essere un’ottima idea. Ad esempio, se organizzi una festa a tema Harry Potter, puoi organizzare un gioco del quidditch o una caccia al tesoro.

In alternativa, se hai scelto ad esempio una festa a tema zombie, potresti organizzare un gioco di sopravvivenza in cui i partecipanti devono trovare un posto sicuro per nascondersi dai morti viventi.

Come vedi le opportunità non mancano, devi soltanto valutare cosa potrebbe essere divertente per tuo figlio.

 

Feste all’aperto o indoor

Se il suo compleanno cade durante i mesi più caldi dell’anno, una festa all’aperto potrebbe essere una scelta fantastica.

Ci sono molte attività divertenti da fare all’aperto, come organizzare una caccia al tesoro o un torneo di pallavolo.

Se al contrario il compleanno cade durante i mesi invernali, potresti optare per una struttura al chiuso che offra intrattenimento ai ragazzi.

Ci sono delle sale cinema che accolgono per questo motivo i gruppi per le feste di compleanno, o location per feste di compleanno che offrono l’opportunità di fare attività fisica.

In alternativa, puoi organizzare una festa in piscina o una serata intorno al fuoco con marshmallow e chitarra.

 

Festa al parco

Un’idea interessante potrebbe essere quella di organizzare una festa al parco. Molti parchi cittadini dispongono di aree pic-nic, campi da gioco e spazi per attività all’aperto, il che li rende ideali per una festa di compleanno.

Tra l’altro, organizzare una festa al parco può essere anche economico, oltre che facile da organizzare. Valuta se questa potrebbe essere la soluzione giusta per il tuo ragazzo.

 

Feste a sorpresa

Se tuo figlio ama ricevere delle sorprese, organizzare per lui una festa a sorpresa potrebbe essere una scelta adeguata.

Ci sono molte idee creative per preparare una festa a sorpresa, come ad esempio organizzarla in un luogo inaspettato o coinvolgere tutti i  suoi amici nella sorpresa.

Una festa a sorpresa può essere l’ideale per un adolescente che vuole qualcosa di speciale per il suo compleanno.

E per renderlo ancora più speciale, potresti anche organizzare il tutto secondo con un tema specifico.

Ad esempio, se il ragazzo ama il calcio, potresti rifarti al tema del pallone. In alternativa, se il festeggiato ama i supereroi, organizza una festa a sorpresa in cui tutti si presentano travestiti da supereroi.

Come vedi, le idee creative da considerare per organizzare una festa a sorpresa non mancano, ed in particolare quelle a tema possono rendere ancora più speciale il compleanno di tuo figlio.

 

Conclusioni

Speriamo che queste idee ti abbiano ispirato per organizzare una bella festa di compleanno.

Ricorda che l’importante è trovare qualcosa che il festeggiato apprezzi e che gli permetta di divertirsi con i suoi amici.

Valuta attentamente le varie possibilità di scelta ed opta per quella che meglio si adatta alle sue preferenze. Buona festa di compleanno!

Furti in appartamento in aumento in Italia: i risvolti economici e psicologici per le famiglie colpite

Negli ultimi tempi, in Italia si stanno registrando sempre più episodi di furti in appartamento. Tali episodi comportano non solo una grave perdita economica per le famiglie colpite, ma anche importanti risvolti psicologici.

Le statistiche sui furti in appartamento in Italia

Secondo le statistiche, i furti in appartamento rappresentano la maggior parte dei furti commessi in Italia. Nel 2022, ci sono stati oltre 200.000 episodi di questo tipo, con un aumento del 5% rispetto l’anno precedente.

La maggior parte di questi furti viene commessa da ladri professionisti, spesso organizzati in bande. Addirittura, alcuni furti vengono commessi anche da conoscenti o persino da membri della famiglia.

I danni economici causati dai furti in appartamento

Un furto in appartamento può avere gravi conseguenze economiche per le famiglie colpite. Oltre ai beni materiali sottratti come gioielli, denaro contante e oggetti di valore, i proprietari di casa devono anche affrontare i costi per riparare eventuali danni causati durante il furto, come ad esempio la sostituzione di serrature o la riparazione di porte o finestre forzate.

Inoltre, i proprietari di abitazioni che sono state oggetto di furto potrebbero vedere aumentare il loro premio assicurativo.

Gli effetti psicologici dei furti in appartamento

I furti in appartamento hanno anche importanti risvolti psicologici per le famiglie colpite. Molti provano dei sentimenti di violazione della propria privacy e di insicurezza nella loro stessa casa, il che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita.

Tra l’altro, il trauma causato dal furto può portare a disturbi del sonno, ansia e depressione, il che non è certo piacevole.

Come proteggersi dai furti in appartamento

Ci sono alcune misure che è possibile adottare per proteggersi dai furti in appartamento. Una delle più efficaci è l’installazione di sistemi di allarme, grate di sicurezza e telecamere.

È anche importante mantenere alcune buone abitudini, come chiudere sempre a chiave porte e finestre quando si esce di casa e non condividere informazioni personali o dettagli sui propri spostamenti sui social media.

È inoltre utile fare in modo che la propria abitazione non appaia vuota per lunghi periodi di tempo, ad esempio chiedendo a un vicino di raccogliere la posta o di parcheggiare l’auto in cortile.

Le reazioni delle autorità ai furti in appartamento

Le autorità stanno prendendo misure per contrastare l’aumento dei furti in appartamento nel nostro paese.

Le forze dell’ordine stanno per questo intensificando i controlli e stanno lavorando a stretto contatto con le associazioni dei cittadini per sensibilizzare sui rischi e sul come proteggersi dai tentativi di furto.

Inoltre, sono stati introdotti nuovi strumenti legislativi per punire i colpevoli e prevenire la ripetizione dei reati.

Il ruolo della comunità nella prevenzione dei furti in appartamento

Prevenire i furti in appartamento non è solo un compito delle autorità, ma anche della comunità.

I vicini che si conoscono e si aiutano a vicenda possono costituire un deterrente per i ladri, rendendo più difficile per loro il riuscire ad agire indisturbati.

Ad esempio, è possibile organizzare turni di vigilanza o creare un gruppo WhatsApp per condividere informazioni su eventuali attività sospette. In questo modo, si può contribuire a creare un ambiente più sicuro per tutti.

Come affrontare il trauma causato da un furto in appartamento

Se si è stati vittime di un furto in appartamento, può essere difficile nell’immediato superare il trauma ed il senso di violazione della propria casa.

È importante ricordare che è normale provare queste sensazioni e che ci sono modi per affrontarle e superarle.

Ad esempio, può essere utile parlare del proprio stato d’animo con amici e familiari o con un professionista, come uno psicologo. Inoltre, è importante prendersi cura di sé, ad esempio cercando di mantenere una routine regolare e cercando attività che aiutino a rilassarsi e a scaricare lo stress.

Dunque, i furti in appartamento rappresentano un reale problema in Italia, con conseguenze economiche e psicologiche per le famiglie colpite.

Tuttavia, ci sono modi per proteggersi e per evitare che qualcuno possa introdursi furtivamente nel nostro appartamento. Adottando tali soluzioni, il livello di sicurezza raggiunto potrà dirsi ottimale.

Come funziona una vasca con sportello per disabili?

Una vasca con sportello per disabili è una soluzione certamente valida e alla quale bisogna pensare nel momento in cui una persona in casa comincia ad avere problemi legati all’anzianità o se ci sono dei problemi di mobilità. Si tratta di una soluzione che consente di superare le difficoltà legate alle vasche da bagno tradizionali, facendo così in modo che la persona interessata possa tornare ad usufruire di una buona autonomia per quel che riguarda le operazioni quotidiane di igiene.

Vediamo adesso in dettaglio quali sono le parti più importanti di una vasca con sportello per disabili e come queste funzionino.

Lo sportello

Lo sportello è il componente più importante in una vasca per disabili. Questo consente infatti di poter accedere direttamente in piedi alla vasca: la comoda apertura verso l’esterno infatti, permette alla persona di poter accedere in vasca dovendo sollevare il piede veramente di pochi centimetri, a differenza di quanto avviene con le vasche tradizionali.

Dato che l’apertura della porta è verso l’esterno, all’interno non ci sono né maniglie o altro tipo di meccanismo che potrebbe dare fastidio o creare pericoli per la persona che utilizza la vasca.

Lo sportello è inoltre dotato di una particolare guarnizione che non si logora nemmeno quando pressata e che chiaramente impedisce all’acqua di fuoriuscire.

Il sedile

Il sedile di una vasca per disabili è incorporato, dunque non è un semplice sgabello poggiato o qualcosa di traballante. Al contrario è una seduta sicura ed ergonomica. È presente inoltre un apposito spazio che consente di completare l’igiene intima in maniera semplice e autonoma.

La seduta si trova a poco più di 50 cm da terra e consente ad una persona eventualmente in carrozzina di poter passare agevolmente sul sedile. Tra l’altro questo è caratterizzato da una inclinazione che impedisce di scivolare in avanti e dunque di andare incontro a qualsiasi tipo di pericolo.

Le maniglie

Le maniglie integrate rappresentano un appiglio in grado di offrire un supporto sicuro quando serve. Per mezzo di loro la persona anziana o disabile può aiutarsi nel compiere tutti i movimenti necessari, ed in particolar modo quelli di ingresso ed uscita dalla vasca.

Chiaramente essi rappresentano un supporto prezioso anche nel caso in cui la persona rischi di perdere l’equilibrio e necessiti di trovare velocemente un appiglio sicuro.

Il doccino

Il doccino estraibile delle vasche con sportello rappresenta una grande comodità sempre a portata di mano. Esso consente di completare le operazioni di pulizia senza doversi spostare, e soprattutto consente di indirizzare l’acqua sulla testa o laddove si desideri senza per questo dover compiere alcun tipo di movimento se non quello della mano.

Gli optional

Ci sono poi degli optional che possono aumentare il livello del comfort in maniera concreta e per questo è sempre preferibile considerare con attenzione se richiederli o meno quando si valutano delle vasche con sportello per anziani da acquistare. Parliamo ad esempio del sistema di riempimento e svuotamento rapido della vasca, grazie al quale non bisogna attendere parecchio tempo prima di poter entrare, così come quando si decide di uscire al termine del bagno.

C’è poi la possibilità di avere anche l’idromassaggio, che consente di aumentare il relax e di restituire alla persona quella piacevole sensazione di benessere dovuta all’azione massaggiante dell’acqua.

Chi lo preferisce può anche richiedere di avere lo schienale riscaldato che, oltre a rendere più piacevole il bagno, regala anche piacevoli sensazioni legate all’effetto analgesico del calore.

Molto interessante è infine l’opportunità di sfruttare anche i benefici della cromoterapia, grazie alla quale è possibile andare a migliorare il benessere psicofisico della persona.

Come salire sul tetto condominiale in sicurezza?

Spesso, nel corso dell’anno, può capitare si presenti la necessità di salire sul tetto del condominio per verificare la presenza di eventuali problematiche (infiltrazioni al piano di sotto, canne fumarie che non funzionano bene, comignoli ostruiti) oppure per antenne tv che vanno sostituite o riparate, ad esempio.

Si tratta di normali pratiche di manutenzione che vanno necessariamente apportate per mantenere un comfort adeguato nei singoli appartamenti, consentendo così a tutti di poter vivere in un ambiente perfettamente sano ed accogliente.

L’importanza della sicurezza

Uno degli aspetti prioritari, a prescindere dal tipo di lavoro che ci si appresta a fare, è quello di curare la sicurezza delle persone che fisicamente si apprestano a salire sul tetto.

È la legge stessa infatti a prevedere che debbano essere rispettati determinati standard di sicurezza quando si lavora ad una quota superiore ai 2 metri, e questo include chiaramente i lavori sul tetto a prescindere che questo sia condominiale o relativo ad una singola unità abitativa.

Inoltre, il condominio stesso è responsabile civilmente e penalmente per ciò che può accadere agli operai nel momento in cui raggiungono il tetto ed effettuano il lavoro per il quale sono stati contattati, dunque diventa ancora più importante comprendere quanto sia importante il concetto di sicurezza sul lavoro.

Nell’ottica di ridurre drasticamente il numero di incidenti e vittime in cantiere infatti, il Lgs. 81/2008 (noto anche come “Testo Unico Sicurezza sul Lavoro“), prevede tutta una serie di precauzioni ed azioni necessarie per consentire a tutti di poter lavorare in sicurezza anche ad alta quota.

Le condizioni necessarie per poter lavorare in sicurezza

Ecco di seguito le più importanti condizioni da rispettare affinchè la sicurezza delle persone che lavorano ad alta quota possa essere adeguatamente tutelata.

  • Facilità di accesso al tetto
  • Resistenza alle sollecitazioni e ai carichi da parte della struttura
  • Presenza di una linea vita sul tetto
  • Presenza di una adeguata segnaletica di sicurezza
  • Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale

Adoperare tale tipo di soluzioni significa aver aumentato notevolmente il livello di sicurezza per quanti lavorano ad alta quota, ed al tempo stesso aver diminuito in maniera drastica le probabilità che un incidente possa verificarsi.

I dispositivi di protezione individuale

Come accennato, i dispositivi di protezione individuale rappresentano una delle più importanti risorse per garantire ai lavoratori la possibilità di lavorare in alta quota senza dover temere per la propria incolumità.

Parliamo per questo di dispositivi quali i caschi da lavoro, realizzati con materiali che consentono di assorbire ogni urto e dunque di attutire l’urto con ogni tipo di superficie o oggetto che cada dall’alto.

Ci sono poi le imbracature, le quali hanno l’importante compito di assicurare gli operai che lavorano ad alta quota, facendo in modo da rendere impossibile una eventuale caduta nel vuoto.

Tali imbracature vengono collegate ad un punto fisso, solitamente le linee vita che sono ben ancorate al tetto.

Esistono poi altri dispositivi di protezione individuale come gli assorbitori, i quali hanno il compito di “distribuire” le forze che entrano in gioco durante la fase di arresto della corsa, evitando che esse possano essere interamente assorbite dal corpo del lavoratore.

In questa maniera l’arresto di una caduta sarà ancora più “dolce” e dunque innocuo per la salute di un lavoratore.

In breve

Appare evidente la necessità di rendere assolutamente sicuro ogni tipo di intervento sul tetto del condominio, siano essi lavori impegnativi o meno, mettendo sempre la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori al primo posto.

I dispositivi di protezione individuale sono gli strumenti individuati dalla legge per raggiungere il livello di sicurezza necessario, e grazie a tale misura il numero degli incidenti in cantiere è drasticamente diminuito.

Cosa è la terapia manuale

In ortopedia per terapia manuale si intende la manipolazione del corpo del cliente a fini curativi, come ad esempio esercizi terapeutici e mobilitazioni che hanno lo scopo di risolvere i problemi accusati dal paziente ed emersi dalla precedente valutazione effettuata dal terapista.

Grazie alla terapia manuale è possibile dunque andare a localizzare il punto esatto in cui il paziente avverte dolore o fastidio e lavorarci su al fine di mitigare tale sintomatologia e risolverla.

Per ricevere tale tipo di cura è necessario recarsi presso un centro di fisioterapia o riabilitazione o direttamente presso lo studio di un fisioterapista.

Come vedremo in seguito, il terapista va ad eseguire dapprima una analisi e solo successivamente egli andrà ad apportare le tecniche di manipolazione che ritiene essere più efficaci in relazione al problema rilevato.

La valutazione

La prima cosa che è un terapista effettua sul paziente è la valutazione, al fine di riuscire ad individuare l’esatta natura del problema e dunque poter scegliere il trattamento più efficace per risolvere.

Egli effettua dunque dei test di verifica per i quali va a sollecitare le articolazioni del paziente invitandolo a compiere determinati movimenti.

Questa è la parte più importante della seduta e, assieme ad un buon livello di esperienza, rappresenta un tesoro per il terapista ogni corso di terapia manuale frequentato grazie al quale si sono acquisite tecniche di manipolazione e capacità di analisi.

Perché è bene sottoporsi alla terapia manuale?

Certamente gli strumenti laser e altri macchinari di nuova concezione sono in grado di andare a lavorare sul dolore localizzato, ma si è rivalutata nel tempo la particolare abilità del terapista nell’ andare ad individuare l’esatta natura del problema toccando il corpo del paziente con le sue mani.

Dunque fisioterapia e tecnologia vanno di pari passo e sono complementari. Ricordiamo infatti che per mezzo della terapia manuale si va ad agire sull’apparato muscolo-scheletrico ed in particolare su muscoli, tendini e articolazioni.

Inoltre la terapia manuale è in grado di influire positivamente sulla circolazione del sangue, nonché su particolari aspetti che riguardano il metabolismo.

Appare evidente dunque che si tratta di un approccio che è certamente in grado di migliorare la qualità della vita di una persona, ragion per cui facciamo bene a sottoporci a questo tipo di trattamento nel momento in cui avvertiamo un fastidio o dolore sul quale intendiamo intervenire rapidamente.

Cosa succede dopo la prima seduta con il terapista?

A distanza di giorni dalla prima seduta il terapista interroga il paziente, circa le sue sensazioni in relazione al problema che si sta curando con la terapia manuale. Di norma avviene che il dolore comincia a mitigarsi ed il paziente comincia a riacquistare libertà di movimento.

Questi segnali incoraggianti lasciano intendere che la terapia manuale sta dando dei risultati, per cui questa verrà impiegata anche nelle successive sedute.

In caso contrario, il terapista andrà ad adottare dei trattamenti più specifici così da ottenere i buoni risultati sperati. Il risultato della terapia manuale è soddisfacente quando il paziente avverte una precisa diminuzione del dolore, già nei giorni immediatamente successivi alla prima seduta, ma non solo.

Egli infatti torna ad avere una certa libertà di movimento che prima non aveva a causa del dolore e dunque la sua situazione di immobilizzazione comincia a migliorare.

Inoltre vi è una sensazione generale di benessere dovuta al fatto che grazie alla terapia manuale migliora la circolazione del sangue e si produce endorfina, quella particolare sostanza che ci regala il buonumore.

In breve

Grazie alla terapia manuale è possibile risolvere parecchi problemi di salute che riguardano l’apparato muscolare e/o scheletrico.

Certamente è importante affidarsi ad un professionista con una grande esperienza in questo ambito e comunicargli in maniera dettagliata quelle che sono le nostre sensazioni, così da aiutarlo ad individuare con maggior precisione la natura del problema ed il trattamento più efficace per risolverlo.

Come fare manutenzione alla caldaia

La caldaia è probabilmente uno dei dispositivi più importanti di casa, certamente un di quelli in grado di migliorare il benessere ed il comfort percepiti da tutti i componenti della famiglia.

Proprio perché si tratta di un elettrodomestico così importante, facciamo bene a prendercene cura ed effettuare piccoli interventi di manutenzione nel corso dell’anno.

Ciò non significa doversi sostituire ad un tecnico che effettua l’installazione caldaie, tutt’altro. Ricordiamo a tal proposito che è bene far fare questo tipo di intervento periodicamente per garantire il massimo del comfort ma anche della sicurezza a tutti gli abitanti di un appartamento.

Un tecnico specializzato infatti, è in grado di apportare tutte le regolazioni necessarie o sostituire eventuali pezzi usurati garantendo all’utente il massimo della sicurezza e delle prestazioni.

Detto questo, ci sono piccole cose che possiamo fare autonomamente per contribuire ulteriormente a tenere in ordine la nostra caldaia. Vediamo di cosa si tratta.

Controllare la pressione

Controllare la pressione della caldaia in maniera periodica è già un primo passo per prendersene cura. Di norma la pressione in una caldaia deve essere compresa tra gli 1,4 e 1,6 bar. Una pressione troppo alta può indicare la presenza di aria all’interno del circuito, mentre una pressione troppo bassa può indicare invece una quantità d’acqua non sufficiente.

Nel primo caso è necessario effettuare una operazione di spurgo di tutti i radiatori presenti nell’appartamento per far scendere la pressione. Nel secondo caso è invece necessario far entrare dell’acqua all’interno dell’impianto così da far risalire la pressione.

Ad ogni modo facciamo bene a consultare il manuale di istruzioni della nostra caldaia, così da sapere sempre qual è la pressione corretta per il nostro modello.

Verificare il sistema di accensione

Soprattutto in estate, quando la caldaia viene utilizzata meno, è possibile si verifichino alcune anomalie al sistema di accensione ed in genere funzionamento della nostra caldaia.

Per far ciò, è sufficiente accendere per qualche secondo i termosifoni o aprire il rubinetto dell’acqua calda e vedere se la caldaia si avvia correttamente.

Potrebbero esserci ad esempio dei malfunzionamenti in qualche componente della caldaia, e facciamo bene per questo a fare un test così da poter rimediare in tempo prima dell’arrivo dell’inverno.

Spurgare i termosifoni

Soprattutto dopo qualche mese di inutilizzo, tipicamente mesi estivi, è possibile che sia entrata dell’aria all’interno del circuito e dunque all’interno dei singoli radiatori.

Ciò fa aumentare la pressione della caldaia, ma soprattutto fai in modo che i termosifoni non si riscaldino in maniera uniforme. In alcuni casi Infatti i termosifoni si riscaldano soltanto nella parte alta e non in quella bassa o al contrario.

In altri casi invece i termosifoni rimangono direttamente freddi nonostante l’accensione della caldaia. Per risolvere questo tipo di problema è sufficiente effettuare l’operazione di spurgo dei termosifoni.

Per far ciò è sufficiente agire con un cacciavite sulla apposita valvola presente su ogni radiatore che, una volta aperta, consentirà all’aria eventualmente presente di fuoriuscire. Dato che l’aria è più leggera dell’acqua, uscirà per prima; nel momento in cui comincerà ad uscire dal singolo radiatore anche dell’acqua avremo la certezza che in quel termosifone non sia presente altra aria.

A questo punto l’azione di spurgo sarà completata e potremmo effettuare la stessa cosa anche sugli altri termosifoni.

Conclusione

È sufficiente effettuare questi piccoli controlli, o interventi di manutenzione generica, per assicurarsi che la propria caldaia stia funzionando bene e che non ci siano urgenze di alcun tipo.

Questo, associato alla manutenzione periodica effettuata da un tecnico qualificato, garantirà sempre un utilizzo sicuro ed efficiente della tua caldaia.

Cosa serve per avviare un salone da barbiere?

In questo articolo  ti spieghiamo tutto ciò che dovresti tenere in considerazione sul come avviare un salone da barbiere, se hai deciso di fare questo grande passo, in modo che la tua attività abbia veramente successo. Prendi nota!

Come avviare un salone da barbiere?

Le nuove abitudini di cura della propria persona tra gli uomini di tutte le età, ovvero l’avere un’immagine impeccabile e curata, hanno favorito la rinascita dei barbieri, i quali ora sono diventati un business altamente redditizio se gestiti in modo efficiente.

I barbieri sono infatti attività commerciali che offrono servizi come la cura della barba ed il taglio di capelli professionale. Possono inoltre essere offerti servizi come la cura delle mani e dei piedi, tra gli extra che consentono a tutti di rilassarsi mentre ricevono un servizio di qualità.

Cosa serve per aprire un barbiere?

Per allestire un salone da barbiere, oltre al budget, servono anche altri cose fondamentali come avere un locale, mobili, attrezzi e prodotti specifici. Di seguito analizzeremo ognuno di questi aspetti in modo che tu possa capire al meglio.

Quanti soldi ci vogliono per aprire un barbiere ?

Una delle prime e più importanti domande che di solito ci si pone è quanti soldi servano per aprire un barbiere. Anche se non possiamo darti un importo specifico, ti diremo quali sono le spese che devi considerare per  mettere in preventivo l’investimento iniziale.

L’idea è che in questa maniera tu possa avere tra le mani un budget chiaro che descriva ogni spesa che dovrai affrontare.

  • Costo della licenza
  • Affitto dei locali e delle utenze
  • Stipendi dei dipendenti
  • Acquisto di forniture per parrucchieri o barbieri (prodotti come shampoo, rasoi, lame, asciugatrici, ferri da stiro, spazzole)
  • Pubblicità

Tutto ciò si traduce in una spesa iniziale che oscilla tra le 7000€ e le 10000€, anche in base ai prodotti che andrai a scegliere.

Procedure legali per aprire la tua attività di barbiere

Per aprire un barbiere, avrai bisogno delle licenze e dei permessi del comune in cui ha sede l’attività. I requisiti variano a seconda del comune in cui ti trovi, ma senza dubbio devi rispettare gli standard e le specifiche previste dallo stato nonché dalle istituzioni locali.

Inoltre, è necessario disporre di servizi igienici. Un salone barbiere adeguatamente attrezzato non include solo le attrezzature da lavoro, come le sedie per il taglio dei capelli, ma deve anche disporre delle attrezzature e dei servizi igienici per le esigenze dei suoi clienti.

Trova la posizione migliore

L’ubicazione dei locali è un aspetto molto importante per il successo della tua attività. Per questo devi assicurarti di essere vicino al luogo in cui si trovano i tuoi potenziali clienti, o individuare una zona che al momento è poco servita da questo punto di vista.

Concentrati su un luogo situato in un’area con un buon afflusso di persone, ad esempio un centro commerciale o un viale trafficato della tua città.

Quali caratteristiche devono avere i locali?

Ci sono alcune caratteristiche che il tuo locale deve necessariamente avere per offrire realmente un servizio di qualità, come segue:

  • Una superficie di almeno 80m2
  • Essere su un viale principale (con buon flusso veicolare e pedonale)
  • In alternativa essere in un centro commerciale o vicino ad un’area aziendale
  • Avere una piccola reception
  • Avere una spaziosa area di lavoro
  • Avere uno spazio per lavare i capelli
  • Avere un buon impianto idraulico
  • Avere un bagno ed uno spogliatoio
  • Un luogo in cui riporre forniture e articoli per la pulizia
  • Mobili da barbiere

All’inizio puoi partire con l’essenziale, tuttavia con il passare dei mesi è importante aggiungere gli altri elementi che renderanno la tua attività ancora più attraente.

AI Act: arriva la regolamentazione europea

Con la maggioranza di 523 voti favorevoli il Parlamento Europeo approva ufficialmente l’Atto sull’Intelligenza artificiale, l’AI Act.
Il via libera dall’Unione Europea alla normativa sull’ AI segna un punto di svolta per il controllo di questa tecnologia. La normativa cerca di bilanciare la promozione dell’innovazione tecnologica con la tutela dei diritti civili e la protezione dei consumatori, ponendo la UE come ‘leader’ nella regolamentazione dell’Intelligenza artificiale a livello mondiale.

Si tratta di una decisone che fa seguito a dibattiti intensi iniziati nel 2021, culminata in una normativa che stabilisce regole stringenti per l’uso dell’Intelligenza artificiale, benché alcune delle proposte più severe siano state mitigate da compromessi dell’ultimo minuto.

Preoccupazione da parte delle big tech statunitensi

L’AI Act mira a proibire sistemi basati su AI per la sorveglianza pubblica di massa e impone restrizioni su sistemi ritenuti ‘ad alto rischio’ per la società, tra cui quelli applicati a infrastrutture critiche, educazione e formazione professionale, e sistemi di applicazione della legge.

La normativa è stata oggetto di dibattito non solo per le sue implicazioni all’interno dell’Unione ma anche per il suo potenziale impatto a livello globale, sollevando preoccupazioni tra le big tech negli Stati Uniti come OpenAI, Microsoft, Google e Meta.
Nonostante le critiche da parte di alcuni stati membri o figure politiche come il presidente francese Emmanuel Macron, che temono possa ostacolare l’innovazione, l’AI Act rappresenta un passo significativo verso la creazione di un quadro regolamentare equilibrato, riporta Adnkronos.

“Ora bisogna concentrarsi sulla sua attuazione”

“Siamo molto soddisfatti del risultato e dell’ampia maggioranza raggiunta – commenta Brando Benifei, relatore all’Eurocamera per l’AI Act e capodelegazione del Pd al Parlamento europeo – ora bisogna concentrarsi sull’attuazione, sugli investimenti, sulla condivisione delle capacità dei supercomputer e sul lavoro con i partner internazionali, per affermare un nostro modello di sviluppo dell’AI che metta l’essere umano davvero al centro”.

Regole severe per i sistemi considerati ad alto rischio

I sistemi considerati ad alto rischio saranno soggetti a regole severe che si applicheranno prima del loro ingresso nel mercato della UE.
Le norme generali sull’AI si applicheranno un anno dopo l’entrata in vigore, nel maggio 2025, e gli obblighi per i sistemi ad alto rischio in tre anni, sotto la supervisione delle autorità nazionali, supportate dall’ufficio creato ad hoc della Commissione europea.

Spetta ora agli Stati membri istituire agenzie nazionali di supervisione. Un portavoce della Commissione ha dichiarato a Euronews che i Paesi hanno 12 mesi di tempo per nominare gli organi di controllo.

Milano, Monza Brianza, Lodi: lo scenario dell’immobiliare a fine 2023

Le rilevazioni sui prezzi immobiliari nel secondo semestre del 2023 indicano un rallentamento delle transazioni nelle zone di Milano, Monza Brianza e Lodi. Questo fenomeno è attribuibile all’incremento dei tassi di interesse e alle maggiori difficoltà nell’ottenere mutui e finanziamenti. Inoltre, si osserva una dilatazione dei tempi delle compravendite. In sintesi, il mercato appare più cauto e la domanda e l’offerta faticano a trovare un punto d’incontro.

La situazione del mercato immobiliare lombardo è emersa dall’ultima rilevazione condotta dalla Commissione Immobili della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

Aumentano i prezzi nel residenziale, specie a Monza e a Lodi

I dati analizzati in collaborazione con l’Ufficio Studi di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza rivelano un aumento dei prezzi nel settore residenziale: +1% a Milano, +2% a Lodi e Monza. Nel dettaglio, si registra una modesta crescita del 2% per gli appartamenti nuovi nella zona sud di Milano, del 4% nel quadrante est di Monza e del 4% nella periferia di Lodi.

A Milano, le quotazioni rimangono stabili con crescite contenute sia nel settore residenziale sia non residenziale, con un prezzo medio di 6.400 €/mq per gli appartamenti nuovi. L’andamento dei prezzi è omogeneo per tutte le zone, oscillando tra +1% e +2%, raggiungendo un massimo medio di 11.671 €/mq nel centro e 4.712 €/mq nella zona sud.

Nel nuovo, a Monza città, il prezzo medio si attesta su 3.228 €/mq, con una crescita più marcata del 4% nella zona est (2.563 €/mq) e incrementi più modesti nelle altre aree, dove i prezzi sono più elevati (5.563 €/mq nel centro storico).

A Lodi, si osserva una crescita del 2% nei prezzi medi delle nuove costruzioni (2.375 €/mq), con un aumento significativo del 4% nella periferia (2.164 €/mq) e prezzi medi di 3.075 €/mq nel centro città.

Discrepanze di aspettative fra chi vende e chi compra

Marco Zanardi, vicepresidente della Commissione Immobili della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, sottolinea che il mercato sta attraversando un momento di riflessione, con una discrepanza tra le aspettative dei proprietari – che si basano sui valori del 2022 – e quelle dei potenziali acquirenti, che invece sono orientate al ribasso come previsto nel 2024. E’ questa una delle principali ragione dell’allungamento dei tempi delle compravendite.

La diminuzione dei tassi di interesse, però, dalla seconda metà del 2024 potrebbe portare a una ripresa degli acquisti e degli investimenti. Nel frattempo, si assiste a una “migrazione” verso la formula della locazione da parte dei cittadini che non rispondono agli standard attuali delle banche.

Il concetto di “seconda prima casa”

Si nota inoltre un trend di acquisto di immobili fuori città, in località di solito dedite alla villeggiatura dove però risiedere per periodi anche lunghi. E’ il fenomeno della “seconda prima casa”. In questo contesto, i costi più contenuti rispetto a Milano e la qualità della vita favoriscono le quotazioni a Monza e Lodi nelle zone meglio attrezzate sul fronte dei collegamenti e dei servizi. 

Paradosso italiano: meno voglia di lavorare, ma il mercato è dinamico

È quanto emerge dal 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon, e il contributo di Credem, Edison, Michelin e OVS: il 67,7% degli occupati italiani vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro in futuro. In particolare, il 65,5% dei giovani, il 66,9% degli adulti e il 69,6% degli over50.

Già oggi il 30,5% degli occupati (34,7% giovani) dichiara di impegnarsi nel lavoro lo stretto necessario, rifiutando straordinari, chiamate o mail fuori dall’orario di lavoro, ed eseguendo solo ciò che gli compete per mansione.
Quasi il 28% ha rinunciato a un lavoro migliore perché la sede era troppo distante dalla propria abitazione.
Insomma, il lavoro influenza meno la vita privata rispetto al passato (52,1%), perché ci si dedica ad attività e valori reputati più importanti. È così per il 54,2% dei giovani, il 50,1% degli adulti e il 52,6% degli anziani. 

Più occupazione, più stabilità, nessuna fuga dal lavoro

Nel 2022 gli occupati in Italia sono 23,1 milioni, il dato più alto di sempre. E il lavoro è anche più stabile. Tra il 2019 e il terzo trimestre 2023, salgono del +5,0% i contratti permanenti e scendono del -4,5% quelli a termine.

Inoltre, non c’è alcuna fuga dal lavoro, piuttosto una corsa verso lavori migliori. Infatti, i dati Inps indicano che il tasso di ricollocazione a tre mesi dei dimessi volontari con meno di 60 anni è stato pari al 67,0%, quindi più alto rispetto agli anni precedenti.

Il valore del welfare aziendale

Lo conoscono sempre più lavoratori: l’81,8% degli occupati sa cos’è il welfare aziendale (il 32,7% in modo preciso e il 49,1% a grandi linee), mentre nel 2018 era il 60,2%.

Il welfare aziendale è anche molto apprezzato e desiderato, poiché tra i lavoratori che ne beneficiano l’84,3% lo vorrebbe potenziato, e tra coloro che non ne beneficiano l’83,8% vorrebbe fosse introdotto nella propria azienda. Inoltre, il 79,5% degli occupati apprezzerebbe un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare. Lo afferma il 94,2% dei dirigenti, il 78,2% degli impiegati e il 74,8% degli operai.
Il welfare aziendale di fatto può diventare uno degli strumenti migliori per trattenere o attrarre i lavoratori.

Più attenzione delle aziende verso vulnerabilità specifiche, meno al benessere generale

Il 61,5% degli occupati reputano adeguata l’attenzione aziendale in relazione alle esigenze dei lavoratori con figli, il 71,0% a quelle delle donne che rientrano dalla maternità, il 62,9% alle esigenze delle persone con una salute fragile, e il 52,3% alle condizioni base dei lavoratori.

Invece, per il 61,7% degli occupati l’azienda non è abbastanza attenta al benessere psicofisico generale di tutti i lavoratori, anche di quelli senza problematiche specifiche.
Sottolineano di più questo deficit di attenzione aziendale gli impiegati (62,3%) e gli operai (68,4%).

Internet: le 7 abilità essenziali per chi è meno avvezzo alla tecnologia

Acquisire familiarità con alcune competenze tecnologiche di base può rendere la navigazione online meno intimidatoria e più sicura per tutti coloro che sono meno avvezzi al web e la tecnologia in generale.
In un mondo sempre più digitale, chi non è particolarmente esperto di tecnologia può sentirsi a disagio o emarginato. Jason Adler, esperto presso Repocket, mette in luce quali sono le competenze internet che tutti dovrebbero conoscere per navigare con maggiore sicurezza e confidenza.

E la prima riguarda sicuramente il browser di navigazione. Imparare a usare il browser è infatti fondamentale per navigare su internet.
Se Google Chrome domina il mercato con 2,6 miliardi di utenti nel 2023, esistono anche ulteriori valide alternative, come Safari e Firefox. Conoscere funzioni come aprire nuove schede, salvare i siti preferiti, eliminare la cronologia e gestire le impostazioni può migliorare significativamente l’efficienza online.

Utilizzare con efficacia i motori di ricerca, ma attenzione alla sicurezza delle password

Saper usare i motori di ricerca come Google o Bing non riguarda solo i veterani di internet. Imparare a selezionare le parole chiave corrette e a usare gli operatori booleani (AND, OR, NOT) può rendere le ricerche più precise e veloci, risparmiando fino al 25% del tempo impiegato per cercare un’informazione.

Non meno importante è prestare attenzione alla sicurezza delle password.
Con oltre 23,2 milioni di violazioni dei dati causate da password deboli, la sicurezza degli account inizia da una password forte.
Utilizzare gestori di password affidabili può non solo aumentare la sicurezza e la protezione dei dati personali, ma anche risparmiare tempo prezioso.

Protezione della privacy e sicurezza online e imparare a ricercare le immagini 

Con l’aumento delle minacce informatiche, conoscere le impostazioni di privacy di base e adottare buone pratiche come evitare di aprire e-mail sospette e mantenere aggiornato il software è cruciale per proteggersi online.
Molti poi non sanno che è possibile effettuare ricerche su Google tramite immagini. Si tratta di una funzionalità utile per trovare prodotti o informazioni quando le parole non sono sufficienti.

In ogni caso, essere in grado di affrontare problemi come risolvere il blocco delle pagine o i tempi di caricamento lenti, spesso risolvibili riavviando il dispositivo o svuotando la cache, è fondamentale per un’esperienza online più fluida.

Le scorciatoie da tastiera

Anche se non utilizzabili sugli smartphone, conoscere alcune scorciatoie da tastiera, ovvero la pressione di due o più tasti contemporaneamente per richiamare una determinata operazione, può far risparmiare fino a 64 ore di tempo all’anno, rendendo la navigazione più efficiente e meno dispendiosa in termini di tempo.
Insomma, queste competenze di base possono trasformare l’esperienza online, rendendola meno complicata e più accessibile.

Con la pratica, internet diventerà sicuramente uno strumento meno intimidatorio e più utile anche a chi è poco esperto di internet e tecnologia.

L’Italia vista dal web: le parole chiave del 2023

Cosa cercano, sperano, interessano gli italiani? Niente di meglio che scoprirlo attraverso i movimenti on line del nostri connazionali. Così ha fatto un’analisi condotta da SocialData, affiliata di Urban Vision e SocialCom, che ha recentemente presentato i risultati in Senato. La ricerca ha catturato i cambiamenti in atto nella società, esplorando le preoccupazioni, i sentimenti e le speranze della popolazione sul web e si social.

Il calcio pigliatutto

Il mondo del calcio si conferma il catalizzatore principale delle interazioni online degli italiani nel 2023, con oltre 2,8 miliardi di coinvolgimenti tra interazioni, commenti e condivisioni.

Il calcio, seguito da reati e sicurezza e politica e governo, si piazza al vertice della lista con 2,8 miliardi, 1,8 miliardi e 1,6 miliardi di interazioni rispettivamente. Questo dato, sebbene confermi la necessità di distrazione dagli affanni quotidiani, sottolinea anche un lato poco conosciuto della realtà italiana. Nella top 10 degli argomenti più discussi, emergono anche inflazione (880 milioni) e guerre (197 milioni).

La leadership di Meloni e l’addio a Berlusconi

La premier Giorgia Meloni si distingue come la figura politica più discussa nel 2023, con oltre 253 milioni di interazioni, seguita da Matteo Salvini (70,5 milioni) e Elly Schlein (47,6 milioni). La scomparsa di Silvio Berlusconi ha suscitato 672 mila conversazioni, tanto da essere l’addio più commovente dell’anno.

Sul lavoro il sentimento dominante è la rabbia 

Il lavoro emerge come una delle principali preoccupazioni degli italiani online, con oltre 11 milioni di contenuti rilevanti. La rabbia è l’emozione predominante, e coinvolge il 31% dei post analizzati. Più in dettaglio, si registrano oltre 129 milioni di interazioni sul tema degli stipendi, 23 milioni sulle morti bianche e 20 milioni sulla disoccupazione.

Cresce l’attenzione verso le problematiche ambientali

Gli utenti italiani dimostrano un crescente interesse per i cambiamenti climatici, con 789 milioni di interazioni sui temi ambientali. Di queste, oltre 338 milioni riguardano il cambiamento climatico e i fenomeni atmosferici estremi, mentre 54 milioni si focalizzano sulla raccolta differenziata.

Elezioni europee? Forte polarizzazione online

Un focus sulle elezioni europee di giugno rivela una forte polarizzazione online, con il 58% degli utenti partecipanti. Le conversazioni orientate a destra prevalgono (35%) rispetto a quelle orientate a sinistra (23%), mentre i temi principali riguardano economia (19%), cultura (16%), salute (10%) e immigrazione (8%).

Nel 2023 crescono i progetti Blockchain

Negli ultimi anni, il 31% delle più importanti imprese globali della domanda della Fortune Global 500 (153 imprese) ha implementato almeno un progetto basato su Blockchain, per un totale di 336 progetti tra proof of concept, pilota e operativi.
In forte crescita i progetti Blockchain for business (+58%), la maggioranza (36%), con 106 nuovi casi tra soluzioni di token e smart contract per ottimizzare i processi aziendali.

In linea con il 2022 i progetti di Decentralized Web, in cui la Blockchain serve a sviluppare servizi vicini al paradigma del Web3, con 96 nuovi casi (32%).
Stabili anche i nuovi progetti basati sullo scambio di valore, l’Internet of Value (criptovalute, stablecoin e Central Bank Digital Currency), 95 casi nel 2023 (32%). È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Web3 della School of Management del Politecnico di Milano.

Criptovalute: nel 2023 +110% 

Il 2023 è stato un anno di forte trasformazione per il mondo Web3, con lo sviluppo del quadro normativo e numeri incoraggianti di mercato e adozione. Dopo un periodo di relativa stabilità, il mercato delle criptovalute ha registrato una ripresa (+110% vs 2022), grazie anche allo sviluppo degli ETF spot su Bitcoin.

Circa 3 milioni di utenti nel mondo ogni giorno utilizzano 15.000 applicazioni decentralizzate (DApp), +75% nell’ultimo anno. E l’ecosistema della finanza decentralizzata (DeFi) ha mantenuto investimenti stabili intorno a 45 miliardi di dollari, rilevanti anche se lontani dai 160 miliardi di aprile 2022, prima del crollo di Terra-Luna e del successivo ‘cryptowinter’.
In questo contesto, aziende e PA di tutto il mondo proseguono lo sviluppo di progetti basati su Blockchain. Sono 297 i nuovi casi del 2023 (+19%), che portano a oltre 1300 i progetti censiti dal 2016.

Italia, stabile l’interesse per criptovalute e token

In Italia, il 2023 vede una sostanziale stabilità dei progetti Blockchain, con investimenti pari a 38 milioni di euro (-10%). Ma gli attori hanno spostato l’attenzione dal lancio immediato di progetti di piccola entità, che nel 2022 erano stati principalmente legati alla creazione di NFT, a prototipi e progetti pilota di maggiore dimensione.

Il 39% degli investimenti riguarda il settore finanziario e assicurativo, mentre aumenta la rilevanza di progetti della PA (14%), dell’agrifood (10%), seguiti dal fashion (7%).
Stabile l’interesse degli italiani per criptovalute e token: 3,6 milioni dichiarano di possederli attualmente.

“La spinta alla tokenizzazione interessa sempre più i Real World Assets”

“Nell’anno appena concluso sono maturati significativi progressi tecnologici, regolamentari e applicativi – afferma Francesco Bruschi, Direttore dell’Osservatorio -. Tra le applicazioni ha avuto particolare slancio la tokenizzazione, cioè la rappresentazione di asset tramite sistemi Blockchain. Aziende di rilievo hanno integrato nei loro servizi gli stablecoin, denaro fiat tokenizzato, abilitando nuove applicazioni e modalità di trasferimento. La spinta alla tokenizzazione ha interessato sempre più i cosiddetti ‘Real World Assets’, asset finanziari tradizionali e persino proprietà di beni fisici. Questa tendenza è guidata dalla prospettiva di migliore trasferibilità e di programmabilità, che li rende utilizzabili in applicazioni trasparenti e più inclusive nel contesto del Web3”.

Quanto costano le dimissioni del personale alle imprese? Fino a 2 milioni di euro l’anno

Tra le spese legate all’onorario di un’agenzia di head hunting e quelle relative a un periodo di mancata produttività, quando un’azienda di medio-grande dimensione (500 dipendenti) perde talenti e deve assumerne di nuovi il costo che deve affrontare è di circa 2 milioni di euro l’anno.
È quanto emerge dal terzo Outlook dell’Osservatorio sulla formazione continua curato da OfCourseMe.

“Supponiamo di avere un’impresa di 500 persone, con una perdita di figure qualificate, churn, dell’8% annua. Abbiamo calcolato che i costi affrontati, in termini di spese per le agenzie di head hunting e mancata produttività, e tenendo conto del tempo medio per l’assunzione di una nuova persona, pari a 2,5 mesi, è di 2 milioni di euro in un anno”, spiega Davide Conforti, Presidente dell’Osservatorio e Founder di OfCourseMe.

Come affrontare il vuoto di competenze?

La domanda che si è posto l’Osservatorio è la seguente: come possono le imprese affrontare la ‘piaga’ della perdita di persone chiave, il conseguente vuoto di competenze, e al contempo, cercare di contenere i costi?

“La risposta risiede nell’upskilling – aggiunge Davide Conforti -, una strategia vincente che non solo mitiga i rischi, ma contribuisce attivamente a migliorare il business”.
Ma quanto è effettivamente tangibile l’impatto della formazione? E, soprattutto, è possibile calcolarne il ROI?

Il ROI dell’upskilling si attesta da 3 a 6 volte l’investimento iniziale

“Grazie a iniziative di sviluppo professionale è possibile mitigare il churn di almeno il 10% – sottolinea Conforti -. Questo equivarrebbe a un risparmio di 200 mila euro”.
Confrontando il costo medio di un piano di upskilling su una popolazione di circa mille persone con i benefici derivanti dalla riduzione del churn i risultati calcolati dall’Osservatorio sono sorprendenti. Il ROI dell’upskilling si attesta infatti tra 3 e 6 volte l’investimento iniziale. Ciò dimostra che la formazione continua non è solo una spesa necessaria, ma un investimento strategico che si ripaga ampiamente da sé già nel corso del primo anno.

I percorsi di formazione continua devono essere personalizzati per avere un effetto positivo

“L’effetto positivo della formazione richiede, però, un approccio strategico da valutare puntualmente in relazione alle prospettive dell’impresa – puntualizza ancora il manager -. È necessario avere chiaro quali siano le competenze critiche e gli skill gap su cui intervenire. Da qui, avviare percorsi di upskilling personalizzati, in grado di coinvolgere le singole persone”.

Benefici fiscali e livelli di retribuzione: le leve per il rientro degli expat

Maggiori vincoli burocratici, difficoltà a trovare alloggio, bassi livelli di retribuzione, scarse opportunità di carriera, qualità di vita che non soddisfa le aspettative, sono tra le preoccupazioni più sentite dagli expat italiani.
Il fenomeno della ‘fuga di cervelli’ e del trasferimento degli italiani all’estero non è nuovo, e continua ad accendere il dibattito sulla perdita di talenti di alto valore, che rischia di ridurre la competitività dell’Italia all’estero.

“La pandemia ha segnato uno spartiacque importante che ha spinto molti alla ricerca di opportunità all’estero – evidenziano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing partner di Littler Italia -. La vastità del fenomeno trova conferma anche nei risultati dell’ultima edizione della nostra indagine annuale, European Employer Survey 2023, che ha rivelato che quasi la metà delle aziende intervistate concede ai dipendenti di lavorare dall’estero”. 

Agevolazioni fiscali per chi torna in Italia

Accanto alle possibilità di carriera, agli stipendi, ai vincoli burocratici, c’è poi un aspetto che è stato dirimente nella scelta effettuata dai tanti che, al contrario, negli ultimi anni sono tornati a lavorare in Italia: la variabile fiscale.

“Le agevolazioni fiscali, concepite inizialmente come misure volte a favorire il ‘rientro dei cervelli’, sono state successivamente applicate a una platea molto ampia di lavoratori – sottolinea Linda Favi, Senior Associate Studio Legale Ughi e Nunziante -. Le misure hanno avuto un grande successo, ma si sono prestate anche a varie forme di abuso, quale il trasferimento all’estero per brevi periodi per poter beneficiare per 10 anni di una drastica riduzione delle imposte”.

Più vincoli alla normativa di vantaggio

Per questo, dal primo gennaio 2024 il governo ha previsto di ridurre la portata dei benefici, abbassando la percentuale di esenzione del reddito e la durata del beneficio.

“Per l’anno fiscale 2024 si prevede un ‘irrigidimento’ della normativa di vantaggio, poiché è stata ridotta la riduzione della base imponibile dal 70% al 50% con un tetto massimo di 600mila euro, senza specificare se annuo o per i 5 anni. Inoltre, i soggetti che richiedono l’applicazione non devono essere stati residenti in Italia nei precedenti tre anni e devono impegnarsi a risiedere fiscalmente nel nostro paese per almeno 5 anni -. aggiunge Paolo Borghi, Partner di Moore Professionisti e Associati -. Inoltre, l’attività deve essere prestata per la maggior parte del tempo nel territorio italiano”.

L’Italia rischia di non riuscire più ad attrarre talenti dall’estero 

Sono richiesti però anche requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia, come riferisce Adnkronos. 

“Tuttavia, queste norme potrebbero non avere l’effetto sperato, ovvero, attrarre talenti o persone ad alto reddito, se non sono accompagnate da un sistema ‘paese’ che favorisca l’accoglimento di queste persone, che generalmente hanno alte aspettative lavorative e di ‘qualità della vita’ – continua Borghi -. La variabile fiscale è solo una delle leve per attrarre i talenti o le persone ad altro reddito, ma non l’unica e deve essere accompagnato da una serie di altre attività, per offrire concrete opportunità di crescita professionale ed elevare la qualità di vita per avere un concreto effetto positivo per l’Italia”.

Prodotti non food: gli italiani non li comprano solo online o nei grandi store

Complici le dinamiche inflattive, il comparto Non Food in Italia ha chiuso il 2022 con incassi pari a 109,3 miliardi di euro (+4,3% vs 2021).
A stimarlo è l’edizione 2023 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che ha mappato il comportamento dei consumatori in relazione ai punti vendita in 13 comparti non alimentari.

In termini di presenza e diffusione sul territorio, oggi i negozi tradizionali specializzati restano una componente importante del commercio al dettaglio. Gli italiani li prediligano quando devono comprare prodotti di cancelleria (69,0% vendite in valore), ottica (64,7%), bricolage (63,3%), mobili/arredamento (48,8%) e attrezzature sportive (38,9%).
Nel 2022 i negozi specializzati sono cresciuti in particolare nelle vendite di abbigliamento sportivo (+20,5% fatturato) e profumeria (+18,3%).

Grandi superfici specializzate e alimentari

Nonostante continuino a ridursi (-1,1% rispetto 2021) i 27.672 punti vendita della distribuzione specializzata rappresentano la spina dorsale della rete commerciale Non Food. Soprattutto grazie ad abbigliamento (27,6% totale negozi), intimo (9,9%), elettronica di consumo (7,1%), profumeria (7,0%), calzature (6,1%) e prodotti per bambini (6,0%).
In questi punti vendita si concentra oltre la metà della spesa per l’acquisto di abbigliamento (55,9%) e articoli sportivi (55,7%), e sono il canale leader anche per calzature (49,4%), intimo/calzetteria (49,2%) e prodotti tessili (39,7%), ma il ruolo maggiore è negli elettrodomestici bruni, dove sfiorano il 60% di incidenza sulle vendite totali.

I 21.399 punti vendita della GDO sono invece poco rilevanti sul totale degli acquisti non alimentari. Ricevono attenzione soprattutto in alcuni periodi dell’anno o in occasione della Fiera del bianco.

Factory outlet e grandi superfici non specializzate

Nel 2022 la rete delle grandi superfici non specializzate è arrivata a 2.206 grandi magazzini (+4,6%) e 383 cash&carry (+1,1%). Sul totale del mercato Non Food, hanno un ruolo importante, in particolare nella profumeria (di cui veicolano il 31,6% delle vendite a valore), in abbigliamento/calzature (9,5%) e tessile (8,5%). In misura minore, giocattoli (4,9%), mobili/arredamento (4,2%) e articoli sportivi (3,1%).

I 28 outlet village presenti in Italia si sono avvantaggiati della ricerca di convenienza che ha caratterizzato il 2022, e sono diventati un punto di riferimento per gli acquisti di diversi prodotti Non Food. In particolare, abbigliamento/accessori, dove costituiscono il 62,9% del numero di negozi presenti in questi agglomerati commerciali.

e-commerce

Dopo anni di crescita, nel 2022 il web ha rallentato, in particolare, per gli acquisti di articoli sportivi (-1,8%), libri non scolastici (-1,3%) e abbigliamento/accessori (-1,0%). Ha però registrato una crescita annua rilevante nei prodotti di automedicazione (+0,8%) e profumeria (+0,8%).
L’e-commerce poi resta il canale preferito dagli italiani per gli acquisti di prodotti di edutainment (55,6%), siprattutto videogiochi (83,9%), supporti musicali (75,8%), ed elettronica di consumo (28,1%), dove si conferma primo canale di vendita.

L’online ha un peso significativo anche sulle vendite di piccoli elettrodomestici (43,2%), apparecchi e accessori fotografici (32,1%), ed è leader nel mondo homevideo (63,8%).

Efficientamento energetico: nel 2023 attira sempre meno famiglie

Negli ultimi 12 mesi solo l’11% delle famiglie italiane ha effettuato interventi di miglioramento o ristrutturazione volti a migliorare la classe energetica della propria unità abitativa. E addirittura il 50% non ha mai effettuato questo tipo di interventi e non ha in programma di farlo.
Chi lo fa fatto, ha indicato come motivazioni principali riduzione dei consumi energetici, miglioramento del comfort abitativo, utilizzo degli incentivi statali.

Sono alcuni dati della ricerca ‘Efficientamento energetico. La propensione delle famiglie italiane al rinnovamento e alla ristrutturazione della casa’, curata da Nomisma e presentata in occasione del XXIV Convegno nazionale di ANGAISA (Associazione Nazionale Commercianti Articoli Idrosanitari, Climatizzazione, Pavimenti, Rivestimenti e Arredobagno).

Costo medio e tipo di intervento più diffuso

Secondo la ricerca, il costo medio degli interventi realizzati è stato di circa 20.200 euro.
Si è trattato soprattutto di interventi finalizzati al miglioramento termico dell’edificio (71%), l’installazione di impianti di condizionamento (64%), l’implementazione di dispositivi di domotica e gestione dei consumi (45%) e l’installazione di pannelli solari/impianti fotovoltaici (31%). 

Il 75% delle famiglie che ha effettuato interventi negli ultimi 12 mesi ha fatto richiesta di detrazioni fiscali e bonus. Se non ci fossero stati gli incentivi, il 39% non si sarebbe attivato.
Fra quelli che invece non hanno realizzato investimenti di questo tipo, le principali motivazioni sono state quelle relative ai costi troppo onerosi (46%).

Le criticità riscontrate

Le maggiori criticità riscontrate durante gli interventi hanno riguardato soprattutto il ritardo nella consegna dei materiali o la difficoltà di reperirli (66%).
Ma è significativa anche la mancanza di operai e artigiani (24%) per la realizzazione delle opere e la ‘formazione non eccellente’ dei lavoratori nell’esecuzione dell’opera (21%).

I prossimi 12 mesi appaiono segnati da preoccupazioni, dubbi e incertezze per le famiglie italiane, condizionate, inevitabilmente, da una perdita del potere d’acquisto.
Non sorprende, quindi, che nel corso del prossimo anno sia solamente poco più di una famiglia su quattro a dichiarare di voler realizzare interventi di miglioramento o ristrutturazione dell’abitazione per migliorare la classe energetica.

Si conferma il ruolo essenziale dei bonus

Chi ha in previsione di intervenire, prevede un costo medio pari a 16.200 euro. Anche in questo caso sarebbero privilegiati interventi finalizzati al miglioramento termico dell’edificio, l’installazione di impianti di condizionamento e di pannelli solari/impianti fotovoltaici.

Resta confermato il ruolo essenziale dei bonus: la maggioranza di chi investirà (8 famiglie su 10), lo farà per l’esistenza dei bonus edilizi, sia pure in versione ‘light’. Quindi, da ecobonus e bonus casa, a cui si aggiungono gli incentivi regionali, il superbonus e il conto termico.
Di fronte a incentivi e bonus ridimensionati, e almeno in parte, depotenziati, 7 famiglie su 10 pensano di dover fare ricorso a un finanziamento. E tra coloro che l’hanno già utilizzato in passato, il 59% farebbe ricorso al credito al consumo.